il mio viaggio ad Auschwitz.
di Tito Barbini - sabato 12 febbraio 2022 ore 08:00
Vado avanti, con un treno che in questo giorno sta scivolando via e sembra viaggio verso il nulla.
E volente o nolente mi vengono in mente altri treni che davvero dal nulla sono stati inghiottiti: i convogli verso Auschwitz. Penso a distese gelate, a immani silenzi rotti solo dallo sferraglio dei vagoni e dai lamenti dei deportati, ai primi incerti passi su un lembo di Polonia che equivaleva all’anticamera dell’inferno.
Penso alla luce dei riflettori, agli ordini secchi come colpi di frusta, ai latrati di cani pronti ad azzannare. Penso alla selezione immediata verso la morte, ai camion per il trasporto verso le camere a gas travestiti da mezzi della Croce Rossa, ai forni sempre accesi, ai bambini e alle donne ridotti in cenere…
Già: Auschwitz non è molto lontana da dove sono…
E se penso ad Auschwitz penso a quel soldato sovietico che, come ci racconta Primo Levi, si presentò per primo ai cancelli del campo, all’esercito che fermò Hitler e poi un giorno arrivò per primo in questi terrificanti luoghi di sterminio… e penso ai sopravvissuti che quel giorno videro loro i soldati dell’Unione Sovietica, e allora capirono che non erano più in mano ai carnefici nazisti.
E se penso a tutto questo, un fremito di orgoglio ancora mi prende. L’Armata Rossa…
Però poi mi sovviene che proprio quella vittoria necessaria, quella liberazione come un dono offerto al mondo, forse ci ha chiesto il conto più tardi.
Tito Barbini